TRIGGER WARNING - Questa storia parla di sensazioni che potrebbero mettere a disagio alcuni lettori.
“Un buco nero è un corpo celeste con un campo gravitazionale così intenso da non lasciare sfuggire né la materia, né la radiazione elettromagnetica, ovvero, da un punto di vista relativistico, una regione dello spaziotempo con una curvatura talmente grande che nulla dal suo interno può uscirne, nemmeno la luce”
Wald Robert M. (1984). General Relativity. University of Chicago Press, pp. 299. ISBN 978-0-226-87033-5.
Mi sento compressa, senza una via di uscita; se questo fosse un luogo fisico, una stanza, direi che le pareti mi si stanno stringendo addosso.
Ma non è proprio così, non c’è un tetto irto di spine acuminate che scende lentamente e inesorabilmente verso di me come in “Indiana Jones e il templio maledetto”- più come se io fossi un pezzo di formaggio dentro un sacchetto da cui la macchinetta per il sottovuoto sta rapidamente aspirando l’aria, e il materiale plastico aderisce prontamente ad ogni centimetro di me, mentre respirare diventa progressivamente più difficile.
Non è la prima volta che entro dentro il buco nero. Non è che sapere di essere stata risucchiata di nuovo renda meno pesante l’esserci finita dentro, ma se non altro è rassicurante sapere esattamente cosa mi aspetta.
La prima volta che il buco nero mi ha risucchiata è stato terrificante: la sensazione di costrizione, l’aria che veniva a mancare, il cuore che batteva all’impazzata, tutto il rumore in testa... Ho creduto quasi di avere un infarto.
Riesco a sentirle anche adesso, quelle sensazioni.
Inspiro... Espiro. Inspiro... Espiro. Inspiro... Espiro.
È piuttosto sconcertante quando il buco nero mi risucchia in momenti in cui ci sono altre persone. Immaginate la scena: sono al bar della stazione, sto sorseggiando una bellissima cioccolata calda, probabilmente ho già fatto sparire la panna montata che c’era sopra magiandola con un cucchiaino; improvvisamente all’interfono la voce preregistrata annuncia che il mio treno ritarderà.
Questo è il momento in cui inizia il rumore nella mia testa), e cominciano a ripetersi frasi che non fanno altro che enunciare tutte le cose che andranno sicuramente a catafascio come conseguenza del fatto che il treno è in ritardo: farò tardi, perderò una coincidenza o l’aereo, l’evento che stavo andando a seguire comincerà e mi perderò le cose belle (l’intera giornata è rovinata!), le persone che mi stavano aspettando si arrabbieranno, penseranno che non mi importa di loro, non mi vorranno più nella loro vita, la mia vita è finita. Tra poco approfondirò un poco questa cosa del rumore, non me ne abbiate ma rischio di perdere il filo.
Il cuore accelera come il ritmo a cui vengono dette quelle frasi, il respiro si fa più rapido e insoddisfacente, persino ingoiare una sorsata di quella splendida cioccolata calda è improvvisamente difficilissimo da fare, e il buco nero mi risucchia e mi comprime, mi soffoca. E penso come fanno ad essere tutti così calmi?!
Le persone intorno a me stanno pagando il loro ordine, messaggiando mentre attendono al tavolo, o accelerando il passo perché hanno visto che il loro treno è arrivato al binario. Il mondo sta collassando e nessuno lo vede.
Inspiro... Espiro. Inspiro... Espiro. Inspiro... Espiro.
Il mio respiro si regolarizza di nuovo, il cuore sta ancora correndo ma ha smesso di provare ad uscire dal mio petto. Mi rannicchio portandomi le ginocchia al petto, lo so che suona strano... Sono compressa dal campo gravitazionale più potente del mondo, e mi stringo ancora di più a me stessa, non sembrerebbe la mossa più furba del mondo... Eppure mi è di conforto.
Inspiro... Espiro. Inspiro... Espiro. Inspiro... Espiro.
Il demone è qui.
Non lo vedo praticamente mai, ma so che è qui. Lo immagino come Lucy di Disincanto, bidimensionale, una silhouette nera, piccola e persistente.
Sono un pacchetto “convenienza”, il demone e il buco nero, non c’è uno senza l’altro.
È il demone che dà il via a tutto. Torniamo all’esempio del treno ritardatario: nel momento in cui registro che il treno è in ritardo, il demone lo scrive su un pezzetto di carta e lo usa per accendere un piccolo fuoco.
Quando inizio a pensare che cosa implica il fatto che il treno è in ritardo, il demone attinge ai miei pensieri, li scrive su degli altri pezzetti di carta e li getta tutti nel fuoco, ripetendoli a voce sempre più alta man mano che la fiamma cresce: è il demone il rumore nella mia testa, e se non riesco a fermarlo prima che la fiamma diventi troppo grande il risultato è che sarò così impegnata a cercare di navigare i miei stessi pensieri (confusi dal fuoco e dalle grida), così concentrata nel tentativo di respirare normalmente e calmare il mio battito cardiaco, che non mi renderò conto del fatto che il buco nero è già apparso, ma sentirò solo l’aria che viene estratta.
Inspiro... Espiro. Inspiro... Espiro. Inspiro... Espiro.
Ora che sono dentro il buco nero non grida più, quella parte del suo lavoro è finita, ma continua a ripetere insistentemente le frasi che sa mi terranno qui più a lungo.
<<L’abbiamo già affrontata, questa situazione.>> le dico.
Il demone continua imperterrita. Odio il fatto che parli con la mia stessa voce. Rende così facile credere a tutto quello che dice, anche se quel barlume di razionalità che mi è rimasto qui dentro mi sussurra che sono tutte stronzate.
<<Non è la fine del mondo, e lo sai anche tu.>>
<<E se invece stavolta lo fosse?>>
Inspiro... Espiro. Inspiro... Espiro. Inspiro... Espiro.
Avere a che fare col demone mi ricorda molto il dover fare una presentazione all’università. Niente di quello che dico sarà credibile se non corredato di una lista di precedenti, citazioni, fonti, dimostrazioni. Forse, forse, allora il demone abbasserà la voce quel tanto che basta perché io riesca a schiarirmi le idee ed uscire dal buco nero.
A volte è più facile di altre, per esempio in situazioni che si sono già verificate.
Ed ho imparato anche a gestire diverse cose in maniera tale da dare al demone meno potere possibile; per esempio, se devo viaggiare, prendo il treno che mi porta a destinazione con anticipo rispetto all’orario a cui dovrei arrivare. Se dovessero cancellare il treno, se dovesse ritardare, se dovessi perderlo perché c’era troppo traffico per arrivare alla stazione, so che avrei comunque tempo e modo per arrivare.
È sfiancante, dover pensare sempre a tutte le eventualità.
Le situazioni nuove sono quelle che mi fregano. Sono le situazioni in cui il demone può sbizzarrirsi e dare sfogo alla sua creatività, e di conseguenza è sempre più difficile uscire dal buco nero.
È sfiancante.
Ho l’impressione di non potermi rilassare neanche per un secondo, perché ogni pensiero è una potenziale scintilla che il demone può usare contro di me.
È sfiancante. Sono stanca.
Non ce la faccio più.
Perché non chiedi aiuto? Mi domandano. Chiedere aiuto non è facile. Il demone mi ripete che sto esagerando, che non ti crederà nessuno, che sto facendo un sacco di casino per nulla. Mi viene quasi da ridere perché è il demone che sta facendo tutto il casino in realtà. Mi viene quasi da ridere. Quasi.
In realtà sono quasi sul punto di scoppiare a piangere, perché sembra ovvio che quando tutto va a fuoco si apra l’acqua, e piangere almeno rilascia un po’ di tensione.
Se poi non hai avuto una buona esperienza di dialogo, se le persone a cui sei riuscita a chiedere aiuto risponde che stai esagerando, che stai facendo un sacco di casino per nulla... Come fai a dare torto al demone?
Sì, sto bene, ora mi passa. (Non) Sto bene. Ora mi passa (me lo faccio passare perché sto creando problemi a tutti).
Inspiro... Espiro. Inspiro... Espiro. Inspiro... Espiro.
Mi sembra una vita che sono in terapia. La dottoressa mi aiuta a pormi le domande giuste e a darmi le risposte giuste per confrontare il demone.
<<Il treno è in ritardo, arriverai tardi e ti odieranno tutti. Potevi uscire prima>>
<<Il ritardo previsto è poco, ora avviso che c’è un problema che non dipende da me, sapranno che dovranno aspettare. Perché dovrebbero odiarci? Sono cose che succedono>>
Mi piacerebbe poter dire che prima o poi riuscirò a scacciare il demone per sempre, ma potrebbe anche non essere così. Anche dopo tutto questo tempo, a volte non è semplice. A volte il demone fa così tanto casino che, anche se è una situazione già vissuta, anche se hai tutte le domande e le risposte pronte, non mi accorgo che la busta di plastica sta venendo chiusa, che l’aria è già uscita tutta.
Però posso dire che si migliora, ed è piuttosto divertente immaginare la mia razionalità prendere una ramazza fatta di logica, e sbatterla ripetutamente in testa al demone.
Perforo il buco nero di plastica e respiro di nuovo aria buona.
Anche stavolta è andata.
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