DISCLAIMER:
Questa storia contiene descrizioni esplicite di atti sessuali
In un universo parallelo al nostro, ai tempi dell’antica Grecia, il dio Eros (che i più conoscono come Cupido) stava trascorrendo un pomeriggio tranquillo a scrutare i mortali dall’alto del monte Olimpo.
Sulla terra, da qualche parte in Tessaglia, il dio Apollo stava suonando la sua cetra in una radura non lontana da un fiumiciattolo; dai cespugli circostanti, una naiade di nome Daphne si stava avvicinando alla radura, attirata dalla musica.
E questo diede un’idea ad Eros su come rendere la giornata interessante: vedete, non molto tempo prima il dio Apollo aveva sconfitto con arco e frecce Pitone, un imponente e temuto serpente che aveva terrorizzato la regione; tornato sull’Olimpo, Apollo se ne era vantato a mai finire, scanzonando il giovane dio dell’amore e deridendo le sue frecce.
-Quali gloriose imprese puoi vantare tu? Di cosa sono capaci il tuo arco e le tue frecce?- gli aveva chiesto.
Oh, te lo farò vedere io, di cosa sono capaci il mio arco e le mie frecce. Ti assicuro che questa mia impresa te la ricorderai finché avrai vita! Pensò Eros. E gli venne anche da ridacchiare dal momento che Apollo, come tutti gli dei del resto, era immortale.
Quindi afferrò il suo arco e esaminò la sua faretra. Come sempre, aveva a disposizione due tipi di frecce: d’oro e acuminate per l’amore, di ferro e stondate per l’odio. Estrasse due frecce, e mentre Daphne stava uscendo dalla vegetazione, entrando nella radura e nel campo visivo di Apollo, ne scoccò una e la colpì dritta al cuore.
-Oh!- esclamò la ninfa dei ruscelli posando gli occhi su Apollo.
Il frusciare delle foglie e la voce di Daphne ruppero la concentrazione del dio, che sollevò gli occhi dalla cetra per incontrare quelli di lei. E fu allora che, ridendo con malizia, Eros incoccò la seconda freccia e la scagliò lesta mirando al cuore di Apollo.
Ed in quel momento il dio del sole, Febo Apollo vide Daphne e si sentì prendere fuoco, nel suo petto divampò il desiderio per lei. Nello stesso momento Daphne vide Apollo, e sentì che il suo cuore si stava sciogliendo, e nel suo ventre avvertì un languore che non aveva niente a che fare con la fame.
Perché vedete in quell’universo parallelo al nostro, Eros aveva scelto di scoccare due frecce dorate: e così, il mito a noi tanto familiare svanisce, lasciando posto ad una breve storia di desiderio, lussuria e passione. Secondo il suo piano, Apollo avrebbe sicuramente riconosciuto il potere delle sue armi divine, una volta scoperto che esse erano state responsabili di una delle scopate migliori della sua vita.
Apollo si alzò dalla roccia su cui era seduto lasciandoci sopra la cetra, e si incamminò verso la ninfa; Daphne continuò ad avanzare nella radura, finché i due furono vicini. Allora lei riconobbe il dio, e lui riconobbe lei come la più bella delle tante figlie di Peneo.
Apollo le spostò i capelli dal viso, quasi a volerla rassicurare che non nutriva intenzioni ostili, ma lei non sembrava aver paura di niente. E poi si baciarono.
Si baciarono e un’ondata di passione li travolse con tanta forza che si lasciarono cadere sull’erba morbida della radura, prestando attenzione a nient’altro che al tenersi più stretti possibile mentre le loro lingue si intrecciavano.
Apollo fermò Daphne sotto il proprio corpo e le strappò la tunica di dosso, poi le baciò il collo, i lobi delle orecchie e ogni centimetro di pelle fino al seno. E mentre con la sinistra le massaggiava un seno, con la destra la sollevava per avvicinare l’altro alla sua bocca. Continuò a baciare la pelle finché non giunse al capezzolo; dunque lo prese tra le labbra e poi lo succhiò, lo leccò e lo strinse delicatamente tra i denti, mentre si beava dei gemiti di Daphne. Quando fu soddisfatto, passò ad esplorare con la bocca anche l’altro seno, e di nuovo se lo gustò con calma, mordendo, leccando e succhiandolo. Una volta che ebbe finito di deliziarsi del suo seno, riprese a baciare la pelle, percorrendo la distanza tra il seno e il sesso di lei, che sentiva caldo contro di sè.
Si annidò tra le sue gambe aperte, e insinuò la lingua dentro di lei, baciandole il sesso con la stessa foga e lo stesso gusto con cui prima l’aveva baciata sulla bocca, riempiendo la propria del suo sapore di donna mentre lei si dimenava e mugolava di piacere. Poi sentì i muscoli di lei contrarsi, e se ne compiacque; montò di nuovo sopra di lei, e con le labbra sporche dei suoi fluidi la baciò ancora sulla bocca. Prese la mano di lei nella sua, e la portò tra le proprie gambe, dove si ergeva con prepotenza il suo membro.
-Ti voglio.- le disse.
-Prendimi- gli disse lei.
E così, senza nemmeno finire di spogliarsi, Apollo la prese. Scivolò dentro di lei, beandosi del suo calore, della pressione che sentiva intorno a lui. Affondò il viso nel collo di lei, la morse e iniziò a muoversi.
Daphne gemeva forte, stringendo i fianchi di lui con le proprie gambe e aggrappandosi alla sua schiena con le unghie, come se avesse potuto cadere nel nulla, qualora avesse lasciato andare. Sentiva il membro di Apollo affondarle dentro ritmicamente, ed era presa da un’euforia indescrivibile. Il fiato corto, il sudore, le scariche di adrenalina... Era come cacciare, ma meglio. Non riusciva credere di aver considerato di restare vergine a vita. Avvertì la stessa tensione nel suo ventre che aveva sentito poc’anzi, quando Apollo la stava servendo con la sua bocca, e dopo non molto venne di nuovo, stringendosi ripetutamente intorno al dio, che instancabile continuava a prenderla.
Infine anche Apollo raggiunse il suo limite, e con un gemito profondo si liberò dentro di lei, affondando quanto più possibile nella sua carne. Restarono l’uno tra le braccia dell’altro a lungo, prima di ricominciare.
Nel frattempo sul monte Olimpo, Eros si era lasciato trascinare dall’intensità delle emozioni che le sue frecce avevano scatenato, e mentre Apollo e Daphne si dedicavano a darsi piacere l’un l’altra, egli si dedicò al proprio godimento, coniando il termine autoerotismo.
Potrete bene immaginare che in quell’universo parallelo al nostro, la decisione del dio dell’amore di unire i due invece di separarli significò che Daphne non si tramutò in alloro per sfuggire alla brama lussuriosa di Apollo, e il genere umano non scoprì mai le sue potenzialità in cucina.
Ma ovviamente, di tutto questo agli dei non importava proprio nulla.
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