(Ispirato al testo della canzone “I’m not afraid of the dark” di Lauren Krothe)
Io non ho paura del buio.
Tempo fa sarebbe stata una bugia. Ero terrorizzata la prima volta che mio padre mi chiuse in questo stanzino buio.
Però ho avuto paura che ormai tutti abbiano visto il marchio sotto il rossore della mia guancia. A volte non riesco nemmeno a parlare.
Sento la macchia sul mio viso pulsare piena di energia. So che il momento di agire è ora.
Non ho paura del buio... Ma ho paura che potrei finire sulle mappe delle stelle che si sono spente, cancellate dal dubbio e schiacciate dal peso di false testimonianze.
La prima volta che mio padre mi ha rinchiuso in questo stanzino buio avevo molta paura. Non sapevo neanche perché lo avesse fatto. Ora ho le idee più chiare, e per questo il mio disprezzo per lui non fa che crescere.
Ma le cose stanno per cambiare. Perché una delle volte in cui mio padre mi chiuse in questo stanzino buio, ho trovato questo.
Il pannello scivola silenzioso come sempre, dandomi accesso alla Biblioteca Privata. Dallo stato di degrado in cui versa la stanza so che mio padre non ne sa niente, perché se lui avesse saputo l’avrebbe già fatta smantellare da tempo.
Mi dirigo verso la libreria in fondo alla stanza e dallo scaffale più in basso recupero il De rerum Obscurarum. È un grosso volume polveroso, ma il libro sembra fluttuare nelle mie mani, come se non aspettasse che di essere aperto da me. Mi avvicino all’immensa vetrata per vedere le cose alla luce della luna.
Terza pagina dopo la decima miniatura, ritrovo le indicazioni che stavo cercando. Potrei recitare le indicazioni quasi a memoria, ma per questo genere di cose occorre essere ben consapevoli delle azioni da eseguire, delle clausole in piccolo, e del prezzo da pagare.
Questo rituale mi permetterà di liberarmi dal giogo oppressivo di mio padre. Una volta sbarazzatami di lui sarò libera. Nulla si frapporrà tra me e la vita che desidero. Nessuna norma sociale, nessun ruolo da interpretare, nessuna prigionia delle convenzioni. In cambio darò via una cosa che per me non ha il minimo valore.
Traccio il disegno del cerchio magico, mentre rifletto sul rituale. Forse se provassi di nuovo a parlare con mio padre... No. Parlare con lui è sempre stato inutile, è improbabile che parlargli di nuovo sortirebbe un effetto diverso.
Prendo il pugnale e mi taglio il palmo. Quando chiudo il pugno il sangue cade sul cerchio, illuminando il disegno di fuoco e fumi innaturalmente colorati.
Le creature emergono dalle fiamme. Parlano con molte voci da un’unica forma che si manifesta di fronte a me con corna appuntite, lingue biforcute, una moltitudine di occhi e zampe artigliate.
I termini del nostro contratto sono ribaditi ancora una volta dalle creature, come se potessero dissuadermi.
Mi chiedono se accetto di ricevere il potere che esse possono offrirmi in cambio della mia giovinezza.
<< Non ho paura della vecchiaia. Non sono mai stata destinata ad essere una donna bella e aggraziata e la mia faccia sarà piegata, rugosa e usurata, contorta prima che io compia quarant’anni.
Quindi no. Non ho paura della vecchiaia, ho solo paura che le parole sul libro della vita parlino solo delle mie sofferenze, invece di tutte le mie speranze e glorie... La solita storia.>>
Il patto è stretto. Il fuoco mi avvolge, il cerchio risplende prima che tutto si ammanti nuovamente di oscurità.
È arrivato il momento.
Nessun commento:
Posta un commento